Curry segna 33 punti, tutti nella ripresa, Thompson ne fa 27. Ai texani non bastano Harden e Paul
Dna da campioni. Quello che rende giocatori e squadre speciali, unici. Quello che fa la differenza tra un ottimo team e uno leggendario. I Warriors appartengono a quest’ultima categoria. quella delle squadre uniche che lasciano un segno indelebile nella storia del gioco. Nel 118-113 di gara-6 a Houston che chiude sul 4-2 la serie contro i Rockets, Golden State ha mostrato perché ha vinto tre degli ultimi 4 titoli ed è favorita per mettersi al dito il terzo anello consecutivo: con Kevin Durant, il migliore fin qui nei playoff, a guardare da casa, nella tana della squadra che da due stagioni si prepara meticolosamente per detronizzarli, i campioni hanno tirato fuori un’impresa da inserire tra le più belle della loro epopea. “Non si vincono partite come questa senza un’incredibile combinazione di talento e carattere – ha esultato Steve Kerr – Steph Curry è il perfetto esempio: era stato disastroso nel primo tempo, ha trovato il modo di essere decisivo anche in una partita in cui stava andando tutto storto”
Steph ci ha messo 23 dei suoi 33 punti nel quarto periodo, quello in cui il pedigree da campioni dei Warriors ha avuto la meglio sull’ossessione di Houston. I Rockets devono incolpare solo loro stessi per la sconfitta che chiude una stagione da considerare deludente. Hanno avuto due grosse chance per battere i campioni, prima in gara-5 quando si è infortunato Durant poi in questa sesta partita: le hanno sprecate entrambe. E da martedì guarderanno Golden State andare a caccia delle quinte Finals consecutive.
CAMPIONI “Strength in Numbers”, la forza nei numeri, è lo slogan che accompagna i Warriors dall’inizio dell’era Kerr. Sembrava superato nella stagione dei 5 All Star in quintetto, si è rivelato di nuovo decisivo. Curry ha fatto la differenza, ma Klay Thompson è stato altrettanto fondamentale in gara-6, combinando 27 punti alla solita difesa stellare. Andre Iguodala ha chiuso con 17 punti, confermandosi “il baby sitter quando lasci i bambini a casa”, come l’ha definito Steve Kerr. Draymond Green ha come sempre fatto un po’ di tutto e tutto bene. L’X-Factor è arrivato dalla panchina, quella che il coach ha riconosciuto di avere colpevolmente ignorato: viaggiava a 10 punti di media nelle prime 5 gare, ha stravolto tutto con 33. Kevon Looney è stato il migliore con 14 punti e 5 rimbalzi, Shaun Livingston con 11 ha mostrato di poter dare ancora una mano nonostante la voglia di pensione. Con Durant confinato ai box per non si sa ancora quanto tempo (verrà rivalutato prima della finale di conference, “ma se vogliamo vincere il terzo titolo consecutivo avremo bisogno di lui” ha detto Thompson), le riserve saranno fondamentali.
OSSESSIONE I Warriors per i Rockets rimarranno un’ossessione ancora per un po’. “Ho capito come batterli, vedrete”, sono le parole con cui James Harden ha provato a tirarsi su dopo un’altra delusione. Questa non è la sua sconfitta (anche se il Barba, pur avendo giocato dei buoni playoff, non è mai riuscito ad essere straordinario come in stagione regolare), è il k.o. di una squadra che ha mostrato di essere quella meglio attrezzata per detronizzare i campioni ma di non essere ancora al loro livello, anche con Durant ai box. Chris Paul si è visto solo in gara-6, dove però è mancato Clint Capela, il centro per tenere il quale Houston aveva smantellato la difesa in estate, errore costato un mese di regular season e che ha significato dover affrontare Golden State già in semifinale di conference. “Questa fa male, questa lascerà un segno” ha detto D’Antoni. Equilibrio, perché i Warriors senza Durant sono comunque da corsa e Houston nonostante Paul dia finalmente una mano ad Harden non riesce a prendere in mano la partita. Serve il Curry show per decidere una sfida che a 200 secondi dalla fine era ancora in parità, 97-97. La spezza prima Looney, poi una scarica di Steph versione mvp 2016 lancia i Warriors, Aveva chiuso il primo tempo con nessun punto e 0/5 al tiro, negli ultimi 3’ ne ha messi 16, letale dall’arco prima e dalla lunetta poi. Era quello che serviva ai Warriors senza Durant. E’ quello che li ha spediti in finale di conference ad aspettare la vincente di Denver-Portland. E’ quello che ha giustiziato Houston.
Houston: Harden 35 (5/10 da due, 6/15 da tre, 7/12 tiri liberi), Paul 27, Tucker 15. Rimbalzi: Paul 11. Assist: Paul 6.Golden State: Curry 33 (5/9, 4/11, 11/11 tl), Thompson 27, Iguodala 17. Rimbalzi: Green 10. Assist: Green 7. FONTE:GAZZETTA.IT