Secondo la Cassazione, i PVR devono solo vendere ricariche. Commette reato chi accetta scommesse o effettua intermediazione.
Lo afferma la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, decidendo sul ricorso intentato dal titolare di un PVR di Bari.
L’uomo aveva un diritto per esercitare e raccogliere scommesse ippiche, mentre per le scommesse sportive, aveva siglato un contratto di PVR.
Nonostante il contratto fosse chiaro e il concessionario avesse provveduto a illustrare tutte le possibili operazioni consentite, il titolare accettava anche scommesse, riscuotendo le puntate e rilasciando le ricevute.
Per la Cassazione, è “incontestato” che l’uomo abbia commesso il reato di raccolta illegittima, dal momento che era “autorizzato solo alla commercializzazione di concorsi pronostici su base ippica”.
La Corte d’Appello ha poi riconosciuto l’aggravante del dolo:
l’uomo doveva essere pienamente consapevole che la raccolta fosse illecita, dal momento che il contratto siglato con il concessionario online riguardava
“esclusivamente lo svolgimento di attività di promozione e pubblicizzazione del gioco a distanza – attività accessoria e propedeutica alla raccolta a distanza di gioco riservata alla sola concedente – e attività di commercializzazione di ricariche”.
E per la Cassazione adesso, “la motivazione offerta dalla Corte territoriale (…) si connota come adeguata e priva di vizi logici”.