Salvati dalla traversa sul rigore di Barrow e sotto per il gol di Gosens, i bianconeri rimediano grazie alla doppietta del Pipita e il sigillo di Dybala nel finale
Questo 1-3, sorprendente per l’aria che tirava a Bergamo, è un messaggio potente al campionato, rumoroso almeno quanto questo pubblico: se la Juve riesce a risorgere dalle pareti dell’inferno in 20 minuti (e senza Ronaldo), se ribalta con un tris un’Atalanta indiavolata e in vantaggio, allora per Conte sarà davvero difficile spodestarla dal trono. Anche perché Sarri, pur non avendo ancora il “suo” gioco, può stringersi intorno ai suoi campioni: uno, il Pipita, quando arriva da queste parti non ha un briciolo di cuore. La sua doppietta in rimonta, suggellata poi da Dybala, ha reso quasi inutile il gol di Gosens e le virtù di Gasperini.
PRIMO TEMPO
Mancheranno pure Ilicic e l’incubo della Signora Zapata, l’imprevedibile Muriel sarà pure costretto alla panchina, ma la Dea resta comunque un… dentista. Tra l’altro, qua a Bergamo la Juve subisce sempre sedute dolorose, segno che Guardiola non aveva poi torto a paragonare il Gasp a un cattivissimo odontoiatra. Nel primo tempo, per esempio, gli uomini di Sarri erano pure partiti benino con Cuadrado terzino e Bentancur interno di sinistra, ma presto sono finiti sotto ai soliti ferri. Un rigore causato dall’ennesima mano galeotta della stagione, stavolta di Khedira su cross del Papu, è la spia che qualcosa sta accadendo. Musa Barrow, titolare di giornata accanto a Gomez, lo stampa sulla traversa, ma da lì l’Atalanta rimaneggiata impone le sue frequenze da vertigine. Perché la Juve esca indenne dal primo tempo ci deve mettere le mani Szczesny con una parata strepitosa su colpo di testa di Pasalic. Poi su un tiro a botta sicura di Hateboer deve salvare in spaccata disperata De Sciglio. Il senso di pericolo è costante, incombente, ma se da un lato quel diavolo del Papu è ispiratissimo, dall’altro De Ligt pare finalmente il muro possente che ci si aspetterebbe. Meno lucido Dybala, vice-Ronaldo di giornata, che passa i primi 45′ a litigare con pubblico e avversari, mentre a volte Higuain tarda un po’ prima di scoccare. Da aggiungere pure i 25′ deludenti di Federico Bernardeschi, uscito però per un problema alle costole (dentro Ramsey). In generale, i bianconeri faticano maledettamente a tirare su il pallone in un partita di gran fisicità e nervosismo: non si contano i duelli a tutto campo e in 45 minuti sono addirittura sei i gialli, tre per squadra.
SECONDO TEMPO
Non poteva durare tanto la resistenza sarrista: anche nel secondo tempo il ritmo è infatti lo stesso, tambureggiante, e all’11’ arriva l’inevitabile. Barrow riscatta il rigore sbagliato e qualche errore di troppo servendo un cross dolcissimo per la zuccata-gol di Gosens. Palla da destra ed esterno che taglia da sinistra: è l’azione classica del dentista Gasperini, anche se Cuadrado in ritardo dimostra che serviranno ancora lezioni di Barzagli per diventare un terzino completo. La mossa bianconera, a quel punto, è l’unica plausibile: per invertire il trend, serve un po’ di follia e solo Douglas Costa può garantirla. Entra al posto di Bentancur e si piazza sulla trequarti, facendo arretrare Ramsey da mezzala. La Signora si scuote per disperazione, Dybala esce dal torpore e per poco non trova il gol dell’anno: la serpentina in area è maradoniana, ma un tocco di troppo la rende vana. La fisicità di Can si aggiunge alla battaglia, ma ciò che conta è la tempra del gruppo: mai dare per morta questa Juve, anche in pomeriggi passati a farsi estrarre i molari. Quando meno sembra possibile, Higuain rovescia completamente la storia. Si conferma il solito castigatore della Dea, ma soprattutto un centravanti con i fiocchi. La girata del suo pareggio al 25′ è fulminea, la deviazione di Toloi sfortunatissima e sul tabellone di colpo c’è scritto 1-1. Anzi, no: diventa 2-1 dopo 8 minuti perché sempre il Pipita completa l’azione sul fronte destro Dybala-Cuadrado. E nel recupero serve in contropiede la Joya che si accentra col mancino e fa tris. Alla fine i bianconeri raccolgono i frutti di una reazione più nervosa che razionale: il punteggio è molto più largo dei valori visti in campo. Ben oltre i demeriti di un’ottima Atalanta, ma è il messaggio al campionato (e a Conte) a pesare.
Fonte:gazzetta.it