Dopo una riunione fra i team principal e i rappresentanti di Fia e Fom la decisione di non far disputare la gara in Australia. Decisiva la positività di un meccanico della McLaren che si è immediatamente ritirata dall’evento. In bilico pure i prossimi GP, di Bahrain e Vietnam.
Anche la F.1 deve fermarsi. In ritardo, rispetto ad altre manifestazioni sportive, già cancellate o posposte per l’epidemia del coronavirus, ma deve dire stop. Il GP di Melbourne, in Australia, è annullato: la prova di apertura del mondiale 2020 non sarà disputata e quindi l’avvio del campionato slitta. Lo spostamento è stato dettato dalla priorità di garantire la sicurezza e la salute di tifosi, squadre e di tutto il personale in gara dopo una lunga riunione fra i team principal e i rappresentanti di Fia, Fom e le autorità locali.
IL POSITIVO ALLA MCLAREN
La comunicazione, nella serata australiana di giovedì 12, della positività al Covid-19 di un meccanico della McLaren che si è immediatamente ritirata dall’evento, con annessa quarantena di buona parte dello staff del team ha acceso la spia. Il forfeit obbligato della squadra britannica ha portato a un’accelerazione degli eventi, dopo una lunga riunione fra le parti coinvolte, fino alla decisione finale: non si corre.
RISCHIO CHE NON HA PAGATO
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Nonostante le rassicurazioni di Fia, Fom e organizzatori locali, che hanno cercato di far partire il campionato in Australia nonostante il rischio di contagio sia ormai diffuso in ogni parte del pianeta, il temuto primo caso di positività nel paddock ha fatto saltare il banco. La F.1 si è assunta un rischio, che però non ha pagato e le conseguenze ora sono inimmaginabili.
I 5 ESAMINATI
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Il primo allarme era arrivato con l’auto isolamento di 5 persone – 4 della Haas, 1 della McLaren -, per sintomi influenzali che hanno portato i diretti interessati a sottoporsi al test. Risultato negativo per i 4 membri della Haas e positivo per il meccanico della McLaren. Colui che ha innescato la ‘miccia’. Gli esaminati del paddock, poi sono diventati 8 nel complesso, con il solo membro della McLaren positivo.
IL MONITO DI HAMILTON E RAIKKONEN
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Che la situazione fosse delicata, già alla vigilia della scoperta del primo focolaio, lo avevano detto, sia Lewis Hamilton (“è uno shock che la F.1 parta quando tutto il mondo si sta fermando, ma qui il Dio è il denaro”), sia Kimi Raikkonen: “Non so se sia la cosa giusta essere qui, probabilmente no, ma non dipende da noi: se fosse solo una decisione di tutte le squadre, probabilmente non saremmo qui”.
ORA SAKHIR?
Questo slittamento potrebbe avere ripercussioni pure sulle successive tappe. Il 22 marzo, fra una settimana, è in programma la gara in Bahrain: a Sakhir era già stato deciso di far disputare il GP a porte chiuse, per limitare i rischi del contagio, ma ora, con la quarantena imposta a buona parte del team McLaren e il contagio arrivato nel paddock, con centinaia di persone potenzialmente infette, si apre un serio problema. Nemmeno la tappa successiva, quella in Vietnam, fissata per il 5 aprile, pare a rischio con il risultato di avere una situazione molto complicata e difficile da decifrare per l’avvio del mondiale 2020 della F.1