I lavoratori di tutta Europa sono in rivolta. Le piazze si riempiono di gente che protesta e invoca riforme in un clima sempre più teso. I temi sul tavolo sono quelli a cui da sempre siamo abituati anche in Italia, ovvero pensione, sanità e stipendi.

Il Regno Unito in particolare sembra essere il paese più colpito dal malcontento popolare. Qui il tasso d’inflazione a doppia cifra, non accompagnato da salari adeguati, ha portato recentemente allo sciopero dei trasporti e a disagi negli ospedali.
Si prevede che a breve anche gli insegnanti incroceranno le braccia, mettendo in ginocchio l’istruzione pubblica. Il clima sociale si fa sempre più incandescente e da più parti si invocano riforme da parte del governo.

La Gran Bretagna non è l’unico paese dove i lavoratori chiedono una maggior tutela da parte dello stato. Lo stesso accade in Francia e Spagna.

Tuttavia, tra tutte le categorie che protestano ce n’è una che da tempo chiede riforme. Parliamo di quella degli operatori del gioco d’azzardo. In Italia, i lavoratori del settore stanno cercando di far sentire la loro voce in un clima sociale che si fa sempre più teso a causa delle mancate risposte del governo.

La protesta del settore del gambling

In Italia la situazione che vivono gli operatori del settore del gambling è complicatissima.

Da una parte vige un regime di tutela che prevede concessioni rilasciate dall’autorità dell’ADM a livello nazionale, dall’altro un quadro normativo sparso che delega alle singole regioni la regolamentazione dell’azzardo, una dicotomia simile agli altri paesi dell’Unione Europea.

Tutto ciò crea una situazione di difficile gestione. Da tempo viene richiesto un quadro normativo a livello nazionale che dia delle direttive chiare in materia e che tuteli i lavoratori del settore. Questi ultimi, infatti, sono fortemente danneggiati dalla situazione attuale.

Benché il gioco d’azzardo sia attualmente la terza industria dello Stato per entrate, i suoi lavoratori vengono ancora demonizzati. Il settore chiede salari più adeguati e una maggiore formazione che permetta agli operatori di gestire e prevenire anche i casi di gioco patologico.

Le mancate risposte del governo a queste richieste si vanno ad aggiungere al fenomeno del de-risking da parte delle banche. Con il termine de-risking si intende la decisione prese dagli istituti finanziari di non fornire servizi ai clienti in determinate categorie di rischio. Questo è quello che accade a molte imprese del settore del gambling.

Gli operatori concessionari di gioco legale, già provati dalle chiusure imposte dal governo in epoca Covid e dalle successive restrizioni (ricordiamo che le sale da gioco fisiche sono state tra le prime a chiudere e fra le ultime a riaprire) si sono trovati di fronte all’ostracismo di alcuni istituti bancari.

Questi ultimi hanno chiuso arbitrariamente i conti correnti delle imprese che hanno a che fare col gioco pubblico e, in alcuni casi, negato l’apertura di nuovi flussi. Proprio quest’ultimo aspetto ha causato l’ira degli addetti ai lavori del gambling che denunciano una sorta di discriminazione basata sulla categoria a cui appartengono.

L’impressione è che sempre più banche non vogliano avere rapporti con gli operatori di gioco. Questo provoca una situazione di disagio ad aziende che, pur in possesso di tutti i requisiti richiesti dallo Stato e di licenza per operare, non possono svolgere il proprio lavoro dato che la legge prevede che i concessionari di gioco legale sono tenuti all’apertura di un conto corrente bancario, al fine di garantire la tracciabilità di tutte le operazioni e dei flussi di denaro, oltre che per i versamenti statali da effettuare mediante RID.

Al momento, al di là di dichiarazioni di appoggio al settore, nulla si è fatto concretamente per aiutare i lavoratori del gambling. 

Ė evidente come il governo sia chiamato a trasferire su carta i propri buoni propositi, se non si vuole danneggiare un settore proficuo che, inutile negarlo, aiuta a tenere a galla l’economia del paese.